| SEI 
										TORNATO AL TUO NOME
										
										
										
 Sei tornato al tuo nome, Karol,
 che ti avevano dato con l’acqua e il 
										sale.
 Oh se finissero un giorno
 di obbligare gli uomini a inventarsi 
										altri nomi,
 e numerazioni,
 quando accettano il peso di essere papa.
 Ma ora ci prende la paura di essere 
										soli,
 soli davanti ai potenti della terra
 che ti hanno sorriso fingendo rispetto:
 i signori della guerra.
 Quanti sono, Dio mio, quanti sono!
 Ne abbiamo anche noi.
 E qualcuno va in visita alle terre 
										lontane
 per aprire commerci,
 ma soprattutto il traffico d’armi
 e altre guerre tra poveri.
 E tu a gridarlo ogni giorno,
 tu a piangere, a chiedere pace nel 
										vento.
 Sei tornato al tuo amato cognome, 
										Wojtila,
 che pochi tra noi hanno saputo tradurre
 nei suoni rotondi della tua patria di 
										nebbie.
 Tu che hai chiesto perdono
 per le nefandezze della Chiesa di Roma
 nei tempi lontani. Non l’hai detto,
 ma ci hai fatto pensare a dove fossero, 
										allora,
 gli spiritisanti.
 
 E chiunque sarà dopo di te
 non avrà la tua forza venuta anche
 dai sospiri d’amore, quando scrivevi
 poesie di ragazzo. Hai camminato in 
										montagna,
 hai cantato e giocato e danzato.
 “Non abbiate paura”, hai detto
 ai milioni di giovani accorsi intorno a 
										te
 nei lunghi mattini, ovunque nel mondo.
 Tu sapevi che ti avevano atteso
 passando la notte sotto le stelle,
 e dopo gli abbandoni nei sogni
 davi a loro la certezza di Dio.
 Ma dove sarai, ora, uomo biondo
 venuto dalla tormentata Polonia?
 Cosa vuoi, che crediamo
 a chi già s’inventa altri nomi scelti 
										tra quelli
 che possono averti perfino impedito
 di essere libero?
 E una sera che ai tuoi preti di Roma,
 tu loro vescovo,
 hai parlato nel dialetto del Tevere,
 c’è stato quassù chi ha volgarmente 
										criticato
 la tua tenerezza.
 Siamo soli, ora, Karol.
 Senza di te
 ci prende la paura del giorno che viene.
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